La lettera nûn, nell’alfabeto arabo come in quello ebraico, occupa il quattordicesimo posto e ha il valore numerico 50; ma, nell’alfabeto arabo, tale posizione è degna di nota anche per un’altra ragione, cioè perché conclude la prima metà dell’alfabeto, in quanto il numero totale delle sue lettere è 28, invece delle 22 dell’afabeto ebraico. Inoltre, nelle sue corrispondenze simboliche nell’ambito della tradizione islamica, questa lettera rappresenta soprattutto El-Hût, la balena, il che d’altronde si accorda con il senso originario della stessa parola nûn che la designa, e che significa pure «pesce»; ed è per via di questo significato che Seyidnâ Yûnus (il profeta Giona) viene chiamato Dhûn-Nûn.
[…] questa lettera è costituita dalla metà inferiore di una circonferenza, e da un punto che è il centro della circonferenza stessa. Ora, la circonferenza inferiore è anche la figura dell’arca galleggiante sulle acque, e il punto che si trova al suo interno rappresenta il germe che vi è contenuto o nascosto; la posizione centrale di tale punto mostra d’altronde che si tratta del ‘germe d’immortalità’, del ‘nucleo’ indistruttibile che sfugge a tutte le dissoluzioni esterne. Si può anche osservare che la semicirconferenza, con la sua convessità rivolta verso il basso, è uno degli equivalenti schematici della coppa; come questa, ha dunque, in qualche modo, il signifiato di una ‘matrice’ nella quale è rinchiuso il germe non ancora sviluppato, che s’identifica, come vedremo in seguito, con la metà inferiore o ‘terrestre’ dell’ ‘Uovo del Mondo’.
Sotto questo aspetto di elemento ‘passivo’ della trasmutazione spirituale, El-Hût è anche, in qualche maniera, la figura di ogni individualità, in quanto essa porta il ‘germe d’immortalità’ nel suo centro, rappresentato simbolicamente dal cuore; e possiamo ricordare a tale proposito gli stretti rapporti, da noi già esposti in altre occasioni, esistenti tra il sibolismo del cuore e quelli della coppa e dell’ ‘Uovo del Mondo’. Lo sviluppo del germe spirituale implica l’uscita dell’essere dal suo stato individuale, e dall’ambiente cosmico che ne costituisce il luogo proprio, come Giona è ‘resuscitato’ uscendo dal corpo della balena; e, se ci si ricorda di quanto abbiamo scritto precedentemente, non si faticherà a comprendere come quest’uscita sia anche l’equivalente dell’uscita dalla caverna iniziatica, la cui concavità è pure rappresentata da quella della semicirconferenza del nûn. La ‘nuova nascita’ presuppone necessariamente la morte al vecchio stato, che si tratti di un individuo o di un mondo; morte e nascita o resurrezione, sono due aspetti inseparabili l’uno dall’altro, poiché non sono in realtà che le due facce opposte di uno stesso cambiamento di stato. Il nûn, nell’alfabeto, segue immediatamente il mîm, che ha tra i suoi principali significati quello di morte (el-mawt), e la cui forma rappresenta l’essere completamente ripiegato su se stesso, ridotto in qualche modo a pura virtualità, cui corrisponde ritualmente l’atteggiamento della prosternazione; ma questa virtualità, che può sembrare un annientamento transitorio, diventa ben presto, per una concentrazione di tutte le possibilità essenziali dell’essere in un punto unico e indistruttibile, il germe stesso da cui usciranno tutti i suoi sviluppi negli stati superiori.