Talvolta capita di sentirsi fare la seguente domanda anche da professionisti del settore delle traduzioni: “Quale Arabo si deve utilizzare per la traduzione di un documento dall’Italiano all’Arabo?”.
Per “documento” qui s’intende una brochure informativa, ad esempio. È sempre più frequente infatti l’esigenza di tradurre in Arabo informazioni relative ai più svariati “servizi” erogati da Enti pubblici. Ma non solo.
Come sta la questione, è presto detto. Esiste una sola forma di Arabo scritto, dal Marocco all’Iraq, convenzionalmente chiamata Arabo Moderno Standard (AMS). Esso, ovviamente, può essere utilizzato anche per il registro parlato, ed è ciò che avviene nelle conferenze, nei “media” e, generalmente, nell’ambito dell’istruzione, compresa quella universitaria. L’AMS è, inoltre, la necessaria “lingua franca” utilizzata dagli arabofoni di differenti regioni del mondo arabo.
L’AMS è, in buona sostanza, una semplificazione dell’Arabo coranico (detto anche “letterario”, o “classico”, anche se i vari concetti non esprimono esattamente le medesime realtà), una lingua – la seconda – che ha le sue peculiarità sintattiche e lessicali, oltre che una capacità di sintesi ineguagliabile. L’AMS viene inoltre insegnato a tutti i bambini delle scuole dei Paesi arabi, cosicché si può a piena ragione parlare di una forte coesione linguistica di tutti i Paesi arabi (a differenza di quelli europei!).
Ma al livello della “vita di tutti i giorni”, cioè delle relazioni informali (in famiglia, con gli amici ed i colleghi, al mercato eccetera), esistono i “dialetti”, meglio detti “varianti regionali dell’Arabo”. Questi hanno anche dignità scritta (da non molto tempo, per la verità, ed in limitatissimi ambiti), comunque un qualsiasi “documento” in Italiano (da una brochure ad un sito internet, da un prontuario ad un libretto d’istruzioni eccetera), se non ci sono esigenze particolarissime (ad esempio, una circoscritta provenienza etnico-regionale dei destinatari della traduzione), va tradotto in AMS.
A questo punto, stabilito che con la moderna scolarizzazione tutti, più o meno, capiscono (almeno a livello scritto, poiché parlarlo è un altro paio di maniche) l’AMS, la scelta del tipo di Arabo da usare per la traduzione resta semmai un problema di lessico, che non dev’essere troppo complicato quando ci si rivolge alla “massa”, poiché il pubblico che – tanto per proporre qualche esempio – si rivolge ad un consultorio o ad un centro per l’impiego comprende tutti, gli “istruiti” come gli “ignoranti”, che a tutt’oggi non sono pochi nelle campagne da cui provengono molti immigrati che sono poi gli utenti dei servizi socio-sanitari.
Ma nemmeno bisogna farsi troppi problemi. L’Arabo che anche i meno scolarizzati hanno studiato a scuola (poco o tanto, bene o male, non importa) è l’AMS. Dunque, si tratta di non usare “paroloni” troppo difficili, fatti salvi gli irrinunciabili termini del lessico tecnico di volta in volta richiesto. La questione, insomma, è la stessa che si pone quando si tratta di redigere per gli italiani, e non solo per i “super-acculturati”, un documento il più chiaro e comprensibile possibile.
Per la scelta del traduttore dall’Italiano all’Arabo, infine, non esistono problemi particolari, sebbene alcuni committenti si pongano effettivamente il problema. Questo perché si tratta di tradurre in AMS, un registro linguistico che non è mai usato in nessun Paese arabo – nemmeno in Arabia! – nelle relazioni informali. La scelta, pertanto, cade sul traduttore che conosce meglio l’AMS (e, ovviamente, l’arte della traduzione), e poco importa che si tratti di un maghrebino, un egiziano, un mediorientale o un arabo d’Arabia.
A ciò va infine aggiunto che, stabilito che la traduzione dall’Italiano all’Arabo è preferibile che venga effettuata da un madrelingua arabo (purché conosca perfettamente l’Italiano)*, è sempre buona cosa completare il lavoro con una revisione da parte di un italofono abile quantomeno nella traduzione dall’Arabo all’Italiano.
In alternativa, specialmente per i lavori che presuppongono particolari competenze linguistiche, si può optare per un lavoro “in tandem”, affiancando i due traduttori – l’arabo e l’italiano – che così possono procedere consultandosi ed integrando le rispettive conoscenze mano a mano che avanza il lavoro.
(*) Per la traduzione dall’Arabo all’Italiano vale invece il discorso inverso, confermando la validità di tutto quanto segue.