Una delle “leggende nere” – forse la più radicata – riguardanti l’Arabo è che si tratterebbe di una lingua difficile da imparare. Forse impossibile, ai limiti dell’impresa titanica.
Ma se così fosse, che dire, allora, dei docenti italiani? Anche loro avranno cominciato da zero. Eppure ora insegnano l’Arabo, grazie al quale lavorano anche come traduttori ed interpreti. Certo, bisogna impegnarsi. Ma senza impegno non si va da nessuna parte. E bisogna anche appassionarsi. Perché senza passione l’impegno non basta.
Ma il connubio tra impegno e passione fa sì che – parafrasando un celebre detto – se “la montagna” proprio non vuol saperne di venire da noi, saremo noi, novelli “maometti”, a muoverci verso di essa.
Ma per muoverci con passo saldo e direzione sicura serve una guida, come quando si va in montagna e non se ne conoscono rischi ed insidie. Questa è la funzione di un bravo insegnante di Arabo: formare altri come lui che si muovono verso la “montagna” sempre più in autonomia. Il bravo (ed onesto) insegnante non è uno che serba i segreti di quella montagna tutti per sé per tenerti perennemente attaccato alla sua “cordata”. Arriva il momento in cui l’allievo riesce ad incamminarsi da solo, dapprima per brevi passeggiate, poi per un trekking ed infine per puntare alla vetta.
Non sono tantissimi gli italiani che sono arrivati lassù, ma nemmeno pochi. Ma poi, detto tra noi, quando si comincia un’attività la cosa più sensata da fare non è porsi un obbiettivo sulle prime irraggiungibile (e scoraggiante). Per proseguire nella metafora della montagna, inizialmente si punterà a quote intermedie, dove vi sono comodi e rilassanti “rifugi”. Pure lì si parla di montagna e delle relative “imprese”: le prime parole, il gusto delle prime frasi…
L’importante è ricordarsi sempre che dapprima (magari poco tempo prima) non si sapeva nulla. In altre parole, bisogna apprezzare e valorizzare quel che si sa, piuttosto che lamentarsi di quel che non si sa. Anche in questo sta la bravura di un insegnante. Mantenere desto l’entusiasmo nel “rifugio” (il livello d’Arabo raggiunto), animando la discussione e suscitando la volontà di nuove e più ardimentose “imprese”, per le quali – non ci stancheremo mai di ripeterlo – serve uno zaino pieno di tenacia e passione.
L’Arabo, pertanto, non è una lingua “difficile”. Lo è solo per chi non lo “sente” e non intende faticare il giusto per coglierne il gusto e la soddisfazione che è in grado di regalare.